"Le idee fanno grandi gli uomini; gli uomini possono rendere grandi le idee, realizzandole!" (Marco Ianes)


lunedì 29 dicembre 2014

AUTONOMIA IN PERICOLO? SERVE INNOVAZIONE! Dal giornale "TRENTINO" del 28/12/2014

 AUTONOMIA IN PERICOLO? SERVE INNOVAZIONE!
Dal giornale "TRENTINO" del 28/12/2014


Caro direttore,
mi inserisco nel dibattito  da voi avviato, anche in considerazione di alcuni interventi di questi   giorni, che mi hanno fatto riflettere.
Penso, ad esempio, all’intervento di Paolo Mazzalai che, giustamente, evidenzia alcuni aspetti di come dovremmo essere per ambire ad un’autonomia ancora sostenibile e credibile.
E proprio di sostenibilità e credibilità, quindi, vorrei qui parlare.
Ritengo che debba essere indispensabile cominciare a proporre percorsi realmente innovativi per rilanciare la nostra economia, vie innovative per riaprire la laboriosità delle nostre piccole-medie imprese, che stanno soffrendo molto la carenza  di una programmazione politico-economica che vada oltre la semplice gestione amministrativa del patrimonio che abbiamo.
Penso, come reale proposta innovativa, alla creazione d percorsi di finanziamento virtuosi , nell’ambito del recupero edilizio del patrimonio esistente e alla promozione di filiere nel campo energetico che possano sollecitare i mercati dell’impiantistica legata all’edilizia stessa.
Un piccolo esempio pratico, se mi permette, lo suggerisco volentieri, poiché non mi piace parlare solamente per dire che dovremmo fare meglio, bensì vorrei anche indicare una reale e concreta via perseguibile molto facilmente e a costi davvero contenuti.
Pensiamo, ad esempio, ai costi che le nostre imprese e pure i privati cittadini, debbono sostenere per l’approvvigionamento dell’energia elettrica, indispensabile per qualsiasi attività.
Potremmo, per dare un senso alla nostra autonomia  e per dimostrare che la sappiamo gestire bene per uno sviluppo economico sostenibile, promuovere un fondo di sostegno agli interventi di realizzazione di impianti fotovoltaici, micro eolici e micro idroelettrici, con lo scopo di favorire la realizzazione di tali impianti non per sfruttamento ai fini della vendita di energia, bensì solo per il fabbisogno  energetico della struttura  che lo vuole realizzare. Tale fondo si sosterrebbe automaticamente con il gettito fiscale che genererebbe, facendo lavorare imprese installatrici che pagano le tasse e incassano l’IVA dal cliente; il 90% di tali tasse restano sul territorio e, quindi, una parte di esse potrebbero essere impiegate per sostenere il fondo di cui accennavo. Ciò genererebbe lavoro per le nostre imprese, che si troverebbero magari a dover  assumere personale, creando quindi possibilità di impiego, magari giovanile ; inoltre, si fornirebbe  energia a costi ridotti a chi ne ha la necessità  e introiti fiscali per le casse provinciali.
Strutturando un percorso virtuoso di tal tipo, il metodo potrebbe essere esteso anche ad altri ambiti, quali il recupero edilizio del patrimonio storico che abbiamo, oppure in altri settori quali l’alberghiero, che in alcune zone del nostro Trentino  abbisogna di interventi di ristrutturazione e riqualificazione per dare un’offerta migliore ai turisti.
Qui ho solo dato un cenno ad una proposta reale e operativa su ciò che potremmo fare per  rendere credibile e sostenibile la nostra autonomia, che non  può essere fatta solo da statuti e regolamenti, ma deve essere anche motore di forze nuove , laboratorio all’avanguardia di percorsi innovativi  che devono segnare nuove prospettive per uno sviluppo sostenibile realmente credibile.
Diversamente, l’autonomia fine a se stessa, per il semplice governo del quotidiano, non risulta davvero più comprensibile, anzi diventa attaccabile da chi, per invidia o per fini politici oscuri,  la denigra e la vede solo come strumento per dare benefici a pochi “eletti”; noi sappiamo che non è così, ma dobbiamo essere credibili e dimostrare con i fatti che la nostra autonomia è davvero importante. Solo con percorsi virtuosi e innovativi possiamo smentire coloro che ci vedono come privilegiati; diversamente, siamo destinati a perdere davvero questa nostra preziosissima forma di governo che, purtroppo, non sempre siamo in grado di meritare.

sabato 13 dicembre 2014

Centrali a biomasse: non tutto è chiaro.



Sono stato all'assemblea a Novaledo, promossa dal comitato locale, per ascoltare il tema proposto dal professor Corti, relativamente alle centrali a biomasse.
Condivido l'analisi che ha fatto il professore, in merito al combustibile che tale centrale dovrebbe bruciare per produrre energia elettrica e termica a servizio dell'azienda Menz e Gasser. Ma, vorrei qui riflettere su alcuni aspetti in generale su queste centrali. La centrale a biomassa può, in via generale, bruciare combustibili solidi di varia provenienza e proprio qui è il nocciolo della questione. Se parliamo di materiali di tipo legnoso, abbiamo combustioni che provocano emissioni di CO2 e di particolato vario che hanno determinate caratteristiche in termini qualitativi e quantitativi come metalli pesanti e diossine molto contenute; chiaro che, in casi specifici come la Valsugana, ove le emissioni generali sono già oltre i limiti accettabili, calare un ulteriore fonte di emissione che può essere paragonata all'incremento di traffico di circa 50.000 vetture al giorno, risulta insostenibile! Però, voglio anche sollevare un'altra questione delicata, che mi lascia molto perplesso su queste tipologie di impianti. L'ex ministro all'ambiente Clini (ora agli arresti domiciliari, sic!) ci ha lasciato in eredità un fardello pesantissimo che ha aperto la strada a combustioni di "biomasse" che definire anomale è davvero un eufemismo. Mi spiego meglio: il residuo dei rifiuti, quello che resta dopo la raccolta differenziata, può essere trattato per creare un prodotto noto come CSS (combustibile solido secondario); ebbene, dopo questo trattamento, il CSS non è più rifiuto, ma diventa biomassa, naturalmente per decreto. Da qui, il collegamento con le centrali a biomassa è presto fatto.
Guardando in prospettiva è plausibile capire che, stando su una centrale come quella proposta a Novaledo che brucerà 600 q.li/giorno, localmente non sarà sempre possibile soddisfare l'approvvigionamento del combustibile legnoso per il semplice fatto che il legno ci mette più tempo a ricrescere che a bruciarlo; quindi, la logica conseguenza sarà che, tali tipologie di centrali, con modesti ulteriori investimenti, potrebbero essere convertite ad altre "biomasse", quali proprio il CSS! Il risultato potrebbe essere che ci troveremo ad avere piccoli inceneritori sparsi sul territorio, legittimati da un decreto che ha elevato a biomassa ciò che, invece, di biologico non ha nulla.Ma la conseguenza ancora più grave è nel fatto che, queste tipologie di centrali/piccoli inceneritori, non sono soggetti alla stessa tipologia di controlli di un inceneritore tradizionale che brucia rifiuti, bensì hanno parametri di controllo molto più permissivi. Stiamo avviando un processo incredibilmente pericoloso; se, da una parte, abbiamo fatto la scelta di non percorrere la strada dell'incenerimento dei rifiuti, ora rischiamo di imboccarne una ancora peggiore; con il CSS che la provincia intende produrre al posto dell'inceneritore, deliberato nel recente quarto piano rifiuti, si potrebbe creare il combustibile "supplente" alle varie centrali a biomassa che stanno spuntando come funghi nel nostro territorio (Cembra, Novaledo...). E la cosa preoccupante è che, queste comparazioni, sfuggono ai più, occultate in maniera silenziosa alla cittadinanza. Molti comitati stanno sorgendo per capire e limitare lo sviluppo delle centrali a biomassa, ma ancora pochi stanno prendendo coscienza degli scenari futuri che potrebbero nascere in Trentino; pensiamo alla nostra bioagricoltura, alla nostra biodiversità e, in primis, alla nostra salute; con questi sistemi stiamo compromettendo tutto. In merito alla necessità di energia, legittima da parte di chi produce ( chi scrive qui si occupa di energia da 30 anni!), è bene sapere che la possibilità di avere energia a costi ridotti rispetto agli attuali, è molto spesso perseguibile e ottenibile con altri metodi; il percorso delle centrali a biomasse sta in piedi solamente grazie agli incentivi generati dalla produzione di energie rinnovabili, anche qui definite tali solo da decreto. Se tali incentivi non esistessero, una centrale a biomassa non la costruirebbe mai nessuno per auto prodursi l'energia! Se davvero crediamo che tali percorsi siano ecosostenibili, siamo completamente fuori strada e ci accingiamo ad avviare un processo che ci porterà a dequalificare gravemente il nostro ambiente e la nostra qualità della vita. Riflettiamo bene se davvero è una strada da percorrere, perché i rischi collegati a tali impianti sono molto elevati; in termini di credibilità sull'agricoltura biologica, per esempio, mi spiegate come sia possibile sostenere aziende che fanno tali scelte, se poi sono collocate in aree dove ci saranno questi veri e propri micro inceneritori? Come faremo a far passare per biologici  prodotti generati in queste aree? Riflettiamo seriamente anche su questi aspetti, prima di avviare percorsi pericolosi irreversibili.

Marco Ianes - coportavoce VERDI DEL TRENTINO 

mercoledì 10 dicembre 2014

SLOI, politica e ambiente...che faremo?


 
In queste ultime settimane si sente spesso parlare dell’area ex SLOI-CARBOCHIMICA; anche il TG2 ha recentemente portato alla ribalta il problema dei siti inquinati nell’area Trento Nord.

Per chi, come me, ha vissuto quasi 10 anni vicino al sito Sloi (ho lavorato in uno stabilimento adiacente ove ora c’è un magazzino all’ingrosso e lì abitavo pure), con moglie e due bambini, parlare di queste zone risveglia ricordi di paure e timori davvero ben compresi solo in questi ultimi anni, poiché all’epoca, ignari di tutto, vivevamo nella zona senza sapere nemmeno i rischi a cui eravamo così vicini. I miei figli giocavano nei piazzali confinanti l’attuale recinzione, o quel che resta di essa, dello stabilimento SLOI; ora rabbrividisco al pensiero di tali ricordi. Ma tant’è, la mia giovane vita coniugale di allora non prevedeva una conoscenza approfondita della situazione, come oggi; non che, a dire la verità, qualcuno dell’ente pubblico si sia mai preoccupato di informarmi o di informare la popolazione in generale. 
 
 Ecco, su questo punto mi piacerebbe capire perché i cittadini debbano restare sempre all’oscuro di tutto ciò che riguarda l’ambiente, gli inquinamenti delle zone in cui vivono; se informazioni ci sono, esse vengono sempre portate alla luce da comitati di cittadini o da pochissime forze politiche di minoranza, che fanno dell’ambientalismo una ragione di vita. E sono associazioni di cittadini o piccole forze politiche che danno fastidio, molto fastidio ad una politica che è sempre stata cieca e sorda a qualsiasi possibilità di predisporre progetti di sviluppo realmente rispettosi dell’ambiente. La zona di Trento Nord non è esente dal menefreghismo generale di gran parte dei politici che si sono susseguiti alla guida delle nostre istituzioni, cittadine e provinciali. 
 
Sono quasi 40 anni che il sito è in giacenza come sta ora, con le sue rogge che contengono inquinanti di elevatissimo pericolo, con i terreni che presentano inquinamento altissimo per decine di metri, in profondità. Avremmo avuto l’occasione diverse volte, quando c’erano soldi in abbondanza, per bonificare almeno le rogge, che sono di competenza provinciale, ma siamo sempre stati presi da mille altri interessi, da prospettive di sviluppo dedite al costruire palazzi maestosi, piuttosto che mirare alla bonifica di acque che mettono a serio rischio le falde acquifere della collettività. 
 
Già, perché tali bonifiche non portano voti, portano solo rogne! Rogne dettate dai disagi di lavori che prevedono scavi, rimozioni, drenaggi e ripristini delle rogge note come l’Adigetto, per esempio, che percorre la città attraverso il centro storico e poi lungo viale Sanseverino; rogne, anziché i voti di coloro che, invece, possono sostenerti se dai loro risorse per costruire nuovi quartieri, per esempio; non importa se restano cattedrali nel deserto, importa che hai accontentato amici che poi ti saranno grati e ti ricompenseranno con il consenso! Già, il consenso! Ma ora, che le risorse scarseggiano e che pure la gente sta prendendo coscienza che la bonifica si deve fare, sembra che anche la politica si stia muovendo. 
 
Naturalmente, sembra, poiché si dice che la provincia stia preparando un piano, che dovrebbe partire nel 2015, dopo le elezioni, naturalmente! :“Non vorrete mica mettere sottosopra la città durante la campagna elettorale?” mi disse un nostro politico famoso, qualche mese fa! Perché si crede che la gente trentina sia talmente sprovveduta da non accettare qualche disagio a fronte della certezza di mettere in sicurezza l’ambiente in cui vive? Ecco, quando la politica fa questi ragionamenti, perde in partenza. E la gente si allontana dalle urne. 
 
 Chissà se la bonifica partirà realmente, vedremo per quanto riguarda le rogge; per i terreni il discorso è un pochino più complesso, poiché di proprietà di privati; e, in questo momento di crisi edilizia, a nessuno viene in mente di sfruttare quei terreni; prima di dare il benestare per ulteriori lotti edificabili, comunque, il comune di Trento, deve prestare attenzione a che la zona venga bonificata per intero e non a singoli lotti, come qualche speculatore edilizio aveva paventato e richiesto. 
 
Anche questa partita sarà gestita dopo le prossime elezioni comunali. Sperando che chi siederà in consiglio comunale  e in giunta possa guidare con sapienza e, soprattutto, nell’interesse del bene comune, la partita urbanistica della città. Una partita tutta da rivedere, tutta da riprogettare; non certo con il pressapochismo di questi ultimi anni.  La speranza è che i cittadini, quei pochi che voteranno purtroppo, abbiano la coscienza di andare a votare leggendo i programmi di partiti e candidati  e scelgano davvero persone all’altezza; ovviamente se anche i partiti sapranno garantire un ricambio all’altezza, che sia generazionale, ma anche qualitativo. E, su questo, ci giochiamo davvero la credibilità politica di poter governare la città di Trento.

È necessario cambiare metodo di fare politica; ma, temo davvero di essere un povero illuso, visto che spesso mi sento tacciare di ambientalismo idealista. Ma non può essere solo idealismo voler progettare una città che sia rispettosa dell’ambiente, che miri a dare risposte ai problemi di sicurezza, di vivibilità urbana a 360 gradi per  tutti i cittadini. Ebbene, mi tengo le mie illusioni e spero che, in futuro, Trento possa davvero avere persone in grado di dare seguito a progetti sostenibili davvero. 
 
La speranza non deve mai morire, ma deve alimentare tutti per ricercare le vie migliori per il bene comune. Cominciando a valorizzare il territorio in cui viviamo, magari proprio ridando valore a quei luoghi, come l’area di Trento Nord, che ora sono un’onta per il nostro Trentino autonomista. Situazioni che minano il valore stesso della nostra autonomia, se sfruttate dai nostri detrattori a livello nazionale. 
 
Sta a noi dimostrare che l’autonomia ce la meritiamo, progettando un futuro diverso dalla mediocrità e dalla solita routine. Difficile, ma dobbiamo crederci e provarci.
Marco Ianes – Trento

domenica 7 dicembre 2014

180 secondi, per lanciare un cambio di sistema.

Siamo al centro dell'attenzione politica e sempre sotto attacco; lo siamo perché abbiamo possibilità che altri non hanno, o anche perché chi le ha, a differenza di noi, le ha usate in maniera molto discutibile. Tuttavia, per valorizzare la nostra autonomia e preservarla da continui attacchi demagogici, inopportuni e privi di alcun fondamento logico, dobbiamo essere noi i primi a farci promotori di iniziative e percorsi innovativi. Lo facciamo, certamente! Ma non abbastanza e, forse, tra di noi, possiamo anche dirci sinceramente che non lo facciamo sempre al meglio!

Abbiamo eccellenze nel campo della ricerca scientifica, ma spesso ci perdiamo su come valorizzare i contenitori e coloro  che devono guidare queste istituzioni, anziché ragionare sui contenuti e sui ritorni economici e di sviluppo che tali eccellenze potrebbero dare o, magari danno già.

In tutti i nostri programmi politici proponiamo una visione ecosostenibile del Trentino, proiettata verso il recupero del patrimonio edilizio esistente, ma poi nei fatti andiamo a cercare percorsi di sfruttamento del territorio che prevedono ulteriori costruzioni di resort di lusso, in project financing, ma sempre invasivi; siamo qui a discutere di turismo sostenibile e speriamo che le condizioni meteo ci dicano che domani la temperatura si abbassi per poter innevare le nostre piste! 

Parliamo di promuovere i nostri prodotti agricoli di elevatissimo apprezzamento internazionale e poi ci perdiamo nell'uso di pesticidi tradizionali che minano alla nostra credibilità di agricolture biologiche in via di sviluppo.

Abbiamo una raccolta differenziata dei rifiuti che rappresenta un vanto nazionale per quantità e qualità e siamo qui a parlare di costruire impianti di combustibile solido secondario, da bruciare, che andranno quindi a gravare ulteriormente sullo stato del nostro ambiente, altamente delicato per i concetti legati alla bioagricoltura e alla biodiversità.

Ecco, forse manchiamo di una programmazione lineare e coerente su questi temi, che tutti riconosciamo come importanti, ma che poi, nei fatti, passano in secondo piano e diventano quasi fastidiosi se riportati alla ribalta da chi, invece, ne fa motivo di serio impegno politico. 

Una conversione ecologica del Trentino, reale e fattiva, che non rimanga una sterile programmazione politica, si rende davvero necessaria. Si stima, a livello nazionale, che uno sviluppo sistemico nel solo campo delle energie rinnovabili, possa portare un incremento di oltre 150.000 posti di lavoro! Facciamo le debite proporzioni alla nostra realtà e proviamo a strutturare percorsi politici coerenti con ciò che, programmaticamente, ci diciamo da anni. 

Sappiamo benissimo che questi argomenti sono considerati secondari rispetto ai gravi problemi che stiamo vivendo in questo periodo: scarsità di lavoro, aziende in fortissima crisi, depressione economica che cresce anziché regredire, il tutto condito con una disaffezione dalla politica da parte della gente, un allontanamento da tutto ciò che riguarda la politica che non fa che peggiorare la situazione già di per se seria e grave.

Ma la politica, quella vera  che,  con i “180 secondi  per un’idea del Trentino”, vuole rappresentarsi  nella sua veste migliore, con dibattiti franchi e sinceri, propositivi e anche critici, deve cercare risposte e proposte diverse. Non è più possibile trovare soluzioni con metodi che appartengono agli stessi sistemi che sono stati causa di questa crisi. 

Cambiare approccio per la ricerca delle soluzioni ai problemi non è solo necessario, ma doveroso. Non possiamo più pensare di risolvere i problemi della grave crisi che, per esempio, ha colpito il settore dell'edilizia, predisponendo piani di lottizzazioni ulteriori per costruire nuovamente; per esempio, possiamo prendere in considerazione, invece, la  riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, con la ricerca di sistemi integrati di risparmio energetico; qualcosa abbiamo avviato, ma non ancora in maniera profonda e radicale, ma solo per tamponare situazioni di stallo.

Una conversione ecologica a tutto campo, coerente prevede iniziative coerenti: 

- progettualità a lungo termine: guardiamo avanti al futuro con occhi diversi, cominciando a fare formazione e informazione; formazione alle giovani leve, che non hanno una visione rosea del loro futuro; informazione alle aziende, molto spesso ancora lontane da quel necessario aggiornamento tecnico e progettuale che permetterebbe loro di uscire dal pantano dell'attuale crisi; troppo spesso mi trovo a vedere aziende arroccate su sistemi di lavoro legati a dinamiche che non sono più sostenibili, perché non trovano più spazio nel mercato globale.

 - progettualità dinamica: sfruttare le eccellenze nel campo della ricerca che abbiamo sul territorio, per individuare percorsi innovativi nel campo della digitalizzazione, dell'energia, dell'agricoltura biologica, dell'edilizia sostenibile. Legare i centri di ricerca anche al mondo della scuola e non trattarli in maniera disgiunta.

Infine, progettualità politica: benissimo trovarsi in queste occasioni, per parlare,  per confrontarsi e criticarci; ma è nelle sedi dei partiti che dobbiamo far tornare la gente; dobbiamo riaprire la programmazione  di educazione alla politica, coinvolgendo i giovani  veramente; ma non possiamo farlo cercando tesseramenti eccellenti in vista delle prossime scadenze elettorali, non possiamo farlo con metodi che hanno la sola visione immediata di alzare le percentuali di consenso nel breve tempo. Necessario recuperare il senso vero della politica per il bene comune, se vogliamo far tornare a votare la gente, se vogliamo far tornare la gente a parlare di politica, a vivere la politica.

Necessario che la politica trovi qualche via per “smitizzarsi”; non è possibile sentire parlare di tagli alla sanità, alla scuola, alla ricerca e poi apprendere che, chi fa politica percepisce redditi al di fuori di ogni ragionevole incarico di responsabilità.

Torniamo con i piedi per terra, parliamo con la gente, ma soprattutto impariamo ad ascoltare le necessità e, soprattutto, anche le indicazioni che le parti sociali e tutti gli attori economico-culturali ci suggeriscono; solo così riusciremo    a ripartire veramente.

”Follia  è fare sempre le stesse cose,  aspettandosi risultati diversi”; lo diceva un certo Albert  Einstein e, forse, cambiare metodo ora è  davvero indispensabile.