"Le idee fanno grandi gli uomini; gli uomini possono rendere grandi le idee, realizzandole!" (Marco Ianes)


martedì 27 maggio 2014

Idee comuni, percorsi diversi. Ma separati non vince nessuno.

Molto spesso capita che i percorsi politici, inizialmente comuni, si separino, pur mantenendosi su strade parallele. Così capita che, in Italia, i vari partiti e movimenti ecologisti e ambientalisti si presentino agli elettori con proposte simili, ma sotto bandiere diverse. Ci sono, poi, forze politiche che inseriscono nei loro programmi i temi ambientali, tentando di coinvolgere elettori indecisi. Il tutto appare molto spesso confuso e fuorviante per gli elettori. Se, poi, forze politiche che solitamente appartengono ad un gruppo europeo di riferimento inequivocabile, come nel caso dei Verdi Europei, in Italia si associano a gruppi diversi, la confusione ovviamente sale esponenzialmente. Purtroppo non è facile comprendere certe scelte. Nelle passate elezioni politiche italiane le strade si  sono separate perché la coalizione di centro sinistra nazionale non gradiva i Verdi che poi si sono associati a Rivoluzione Civile quasi per necessità;  quindi i Grunen altoatesini decisero di percorrere una strada diversa con SEL, abbandonando la federazione verde e criticando la scelta di estrema sinistra intrapresa dai cugini trentini. Critica che ci poteva anche stare, nell’ambito di una collocazione che, io stesso, definii anomala. Ma non si capisce perché, poi, alle recenti elezioni europee, i cugini altoatesini hanno fatto la stessa scelta prima criticata, schierandosi con una lista di estrema sinistra e, di fatto, lasciando anche il gruppo di riferimento dei Verdi europei.
Ovvio che la questione faccia scalpore, ovvio che molti elettori verdi altoatesini abbiano dato il voto al simbolo Verde reale, associato al riferimento europeo! Per il semplice motivo che i Verdi Europei hanno legittimato la partecipazione della lista Green Italia-Verdi Europei, riconoscendola come unica a rappresentare tale gruppo parlamentare in Europa. Tant’è che la Corte Costituzionale  ha riammesso la lista italiana, precedentemente esclusa dalle Corti di Appello su indicazione del Ministero dell’interno, proprio in virtù di questo riferimento riconosciuto, esonerando Green Italia Verdi Europei dalla raccolta delle firme altrimenti necessarie.
Se le varie anime ecologiste e ambientaliste riuscissero davvero ad unirsi sotto la bandiera dei Verdi Europei, si potrebbe ambire ad una rappresentatività significativa, sia in Europa che in Italia. Ma provate a pensare se si superassero le divergenze e ci si unisse per un programma di reale conversione ecologica, cosa potremmo realmente fare. Penso a progetti di investimenti relativi alla riqualificazione edilizia e al recupero del patrimonio storico artistico, ad un progetto reale di sistemazione idrogeologica del nostro territorio disastrato, ad un vero e proprio piano strategico energetico nazionale, che metta in primo piano lo sfruttamento delle energie rinnovabili e non le trivellazioni al largo dei nostri mari, come prevede quello attuale lasciatoci in eredità dall’ex ministro Clini, ora finito in disgrazia; e poi, ancora, penso ai progetti di mobilità urbana ed extraurbana, che potrebbero dare dignità alla miriade di pendolari che subiscono ogni giorno un sistema ferroviario obsoleto e inefficace. E pensate quanti posti di lavoro si potrebbero creare, solamente con investimenti in questi settori.

Ma, ognuno corre per la propria bandiera, che sotto sotto ha lo sfondo verde per tutti, ne sono certo. Superando le divergenze, unendo le forze, si potrebbe davvero dare voce ad un gruppo di rappresentanti nelle istituzioni, per tentare di cambiare realmente le cose. Se, invece, si continua così, rimarremo tutti a guardare il lento ed inesorabile declino di una società che continua a percorrere strade vecchie, a proporre soluzioni insostenibili e non più realizzabili. Riapriamo il dialogo, mettiamo da parte rancori e diversità e uniamoci negli intenti comuni; per un’Europa verde, per un’Italia verde. Prima che sia troppo tardi, possibilmente.

lunedì 26 maggio 2014

Green Italia-Verdi europei:un risultato insoddisfacente, ma dobbiamo continuare a lavorare.

 Il risultato della lista Green Italia-Verdi europei è sicuramente stato inferiore alle nostre aspettative e all’impegno che abbiamo profuso nella difficile campagna elettorale. 

Siamo rimasti inevitabilmente schiacciati dalla drammatizzazione degli ultimi giorni e dalla polarizzazione del voto tra Renzi e Grillo, tutta giocata in chiave di politica interna anziché nella prospettiva europea, che noi abbiamo invece cercato in ogni modo di valorizzare, all’insegna del Green New Deal e del rilancio degli Stati Uniti d’Europa, secondo la lezione di Alexander Langer e di Altiero Spinelli.

Anche in questa occasione i Verdi hanno ottenuto grandi risultati nell’Europa centro-settentrionale, confermandosi la quarta forza politica nel prossimo Parlamento europeo. Al Partito verde europeo continueremo dunque a fare riferimento come baluardo contro ogni forma di razzismo, di xenofobia e di rinascente nazionalismo, per riaffermare i temi della pace, della convivenza e della conversione ecologica della società e dell’economia in crisi.

Nell’Europa meridionale la questione ecologica fa ancora fatica ad acquisire la centralità che le spetta per il futuro del continente e dell’intero pianeta, guardando con fiducia e speranza alle prossime generazioni. Ma noi non cesseremo di riaffermare l’importanza di un soggetto politico ecologista, che sappia essere protagonista dello sviluppo socialmente ed ecologicamente sostenibile, e di una Europa democratica e federale.

Ringraziamo tutte le persone che ci hanno dato fiducia, con la loro partecipazione e col loro voto sia in Trentino-Alto Adige – dove comunque otteniamo il risultato migliore di tutta Italia -, sia nelle altre regioni della circoscrizione Nord-Est, che ha comunque ottenuto il risultato migliore per la lista Green Italia-Verdi europei.

Se confrontiamo il nostro pur modesto risultato con quello di altre liste, come ad esempio Scelta europea di Mario Monti, che alle politiche dell’anno scorso aveva ottenuto più del 10% e che in questa occasione ha avuto un consenso minore del nostro, ci rendiamo conto di quanto sia stato difficile in questa occasione affermare una posizione autonoma e indipendente dai grandi blocchi ed anche rispetto alle posizioni dell’estrema sinistra.

Noi vogliamo riaffermare la trasversalità della questione ecologica e la necessità che sui grandi temi eco-sociali ed istituzionali si possa affermare anche in Italia il ruolo di un soggetto politico verde-ecologista, che sappia fare riferimento non alle diatribe localiste e nazionaliste, ma alla grande sfida europea e mondiale rispetto alla crisi economica, ai cambiamenti climatici, alle necessarie trasformazioni del modo di produrre e di consumare e degli stili di vita. 

Abbiamo verificato che si tratta di una strada in salita, ma non intendiamo abbandonarla, nel nome degli ideali e degli obiettivi degli ecologisti italiani, europei e di tutto il mondo.
Marco Ianes - Trento

giovedì 8 maggio 2014

THE INVOLUTION CLOUD: la fiera di Milano delle energie rinnovabili. Ovvero: come non credere in uno sviluppo sostenibile in Italia!

THE INVOLUTION CLOUD: la fiera di Milano delle energie rinnovabili.

Ovviamente, il nome corretto è "the innovation cloud"! Ieri, 7 maggio, è partita la fiera delle energie rinnovabili, a Milano.
Solamente due anni fa, ci volevano quasi due giorni per visitarla seriamente e completamente, data l'estensione che occupava diversi padiglioni della nuova struttura di Rho.

Ebbene, il nostro Paese sta investendo talmente tanto nelle energie rinnovabili e nell'innovazione tecnologica della gestione energetica che, quest'anno, la fiera copre solamente tre quarti di un padiglione unico; fiera visitabile in due/tre ore al massimo!

Non vi è dubbio che la storia delle tariffe incentivanti, certamente spropositate, dei passati "conti energia" - ben 5 in 7 anni, gli ultimi 4 in soli due anni- abbia attirato, nel recente passato, innumerevoli investitori esteri e nazionali, che hanno sicuramente speculato su tali percorsi divenuti attualmente insostenibili.

Abbiamo di nuovo sbagliato modo, in maniera tipicamente italiana, nel progettare il sistema di incentivazione del settore fotovoltaico. Grandi incentivi nei primi tempi, esagerati e che hanno coltivato le grandi speculazioni, hanno determinato la nascita di molte aziende di settore e la conversione su tale mercato di molte aziende in crisi. Ora che gli incentivi sono stati tolti, tutti o quasi sono spariti, molte di quelle aziende hanno chiuso, con forti perdite e con una marea di licenziamenti.

Incentivare come è stato fatto, è servito solamente per le grandi multinazionali, che hanno goduto, e godono tuttora, di riconoscimenti tariffari enormi. Ad esempio, una centrale fotovoltaica di 1 MW, realizzata nel 2010, con il secondo conto energia, può dare un incentivo pari a 0,4 € per Kwh prodotto; ipotizzando una produzione di 1 MWH all'anno, tale centrale renderà circa 400.000 €/annui, solamente di tariffe incentivanti, con una spesa di installazione di circa 1 ML DI €; rientro, quindi in 3/4 anni dall'investimento, poi per altri 16/17 anni, guadagno netto e pulito. Si capisce subito che la speculazione è stata enorme!

Differente sarebbe stato avviare una campagna incentivante con tariffe moderate, atte a sviluppare un sistema organico di microproduzione localizzata; con tale sistema si sarebbe potuto davvero avviare una nuova via innovativa per un settore industriale nuovo; un nuovo percorso sistematico che avrebbe dato spazio a produttori di moduli e inverter per programmare investimenti pluriennali in Italia, un sistema che, diventando radicato sul territorio, avrebbe generato stabilità nel settore e aperto vie occupazionali molto significative.

Ma, nel nostro Paese si privilegiano sempre gli interessi di poche lobbies, rispetto al bene collettivo; infatti, i grandi investitori hanno portato capitali fintantoché le tariffe incentivanti erano in vigore, traendone profitti enormi; ora, che il mercato è in stagnazione, sono tutti scappati!

Ma quali sono le prospettive? Le nuove frontiere del settore energia si svilupperanno in ambito dello storage, cioè nell'immagazzinare la sovrapproduzione di energia durante il giorno, per riutilizzarla la notte. Con tali sistemi si potrebbe ravvivare nuovamente un mercato fermo da oltre un anno, per scelte politiche assurde; non più incentivi, che favorirebbero solamente gli speculatori, ma sgravi fiscali sistematici e certi, che potrebbero far ripartire questo settore promettente.

Gli sgravi fiscali, come ad esempio il recupero Irpef del 50% attualmente in vigore, dovrebbero divenire stabili; se ciò potesse essere garantito, le industrie e le aziende installatrici avrebbero modo di programmare i loro investimenti su basi decennali, con rientri occupazionali molto interessanti. Le nuove frontiere energetiche potrebbero aprire davvero un Green New Deal in Italia, basterebbe mettere da parte gli interessi di pochi, garantendo il futuro di tutti.

Allora, forse, potremmo riprendere a parlare realmente di "Innovation Cloud" e tornare ad essere protagonisti del nostro sviluppo e primi attori nel settore energetico. Diversamente, siamo destinati ad un'inesorabile declino, sempre dipendenti da fonti fossili, che ci costano tantissimo; costi energetici che limitano anche tutti gli altri settori economici.

Ma, purtroppo, L'Italia è ferma e nulla si muove in questo campo; la gestione energetica è data in mano, troppo spesso, o a persone incompetenti o a persone che hanno interessi diversi da un reale sviluppo a favore di tutti! E tutti, industriali, operai, sindacati e cittadini comuni, sembrano non accorgersi che il settore energetico è, e sarà sempre più, uno degli aspetti fondamentali per uno sviluppo futuro.

Gli altri stai europei, Germania in primis, se ne sono già accorti e stanno lavorando sulle energie rinnovabili e sul loro sfruttamento nel campo dello storage, noi italiani siamo fermi, con una burocrazia oppressiva e con una politica industriale totalmente assente.